I REGOLAMENTI DI ANTI-RICICLAGGIO ALL' ESTERO
Aiutiamo clienti italiani a rispettare le normative antiriciclaggio estere, inclusi obblighi KYC, UBO e registrazioni. Offriamo supporto nella gestione dei rapporti con banche, autorità e controparti internazionali, riducendo i rischi di sanzioni e blocchi nelle operazioni transfrontaliere.
Redigiamo e verifichiamo documentazione AML per clienti italiani coinvolti in operazioni internazionali, come investimenti, trust o società estere. Possiamo assistere nelle dichiarazioni UBO e le policy interne siano conformi agli standard locali, favorendo rapporti fluidi con controparti e istituti esteri.
Assistiamo nella risposta a richieste da autorità estere, inclusi blocchi fondi e segnalazioni sospette. Collaboriamo con studi legali internazionali per tutelare i clienti italiani coinvolti in procedimenti AML, assicurando difesa, trasparenza e ripristino dei rapporti bancari.
La conformità alle normative antiriciclaggio rappresenta una sfida crescente per cittadini e imprese italiane con attività internazionali. Ogni paese adotta regole specifiche in materia di identificazione del cliente (KYC), titolarità effettiva (UBO), obblighi di segnalazione e conservazione dei dati, con sanzioni severe in caso di violazioni.
Le banche e gli intermediari finanziari esteri richiedono spesso documentazione dettagliata e trasparente, anche per operazioni legittime. In assenza di un’adeguata assistenza legale, il rischio di blocco di fondi, rifiuto di apertura di conti o coinvolgimento in indagini può essere elevato. Una consulenza esperta è essenziale per operare in sicurezza e legalità.
Potrebbe esserti richiesto di identificare e documentare il “titolare effettivo” della società, del conto o della struttura. In paesi anglosassoni come Regno Unito, Stati Uniti o Australia, è obbligatorio dichiarare con precisione chi controlla realmente l’attività, anche se in Italia non sarebbe previsto lo stesso livello di trasparenza. L’omissione di questi dati può bloccare l’operazione.
In Italia molti consulenti godono di una certa riservatezza professionale, ma nei paesi di common law solo le comunicazioni con avvocati, e solo per consulenze giuridiche, sono davvero coperte dal segreto legale. Le informazioni fornite a commercialisti, fiduciari o altri professionisti possono essere richieste dalle autorità o usate contro di te.
Le procedure di due diligence non sono semplici formalità: ogni ritardo o mancata collaborazione può essere interpretato come sospetto. Le banche e i professionisti all’estero adottano un approccio “basato sul rischio” e, in caso di dubbi, sono obbligati a segnalare il caso alle autorità antiriciclaggio locali (come la NCA nel Regno Unito o FinCEN negli USA).
Le autorità estere potrebbero considerare strutture come società italiane semplici, holding familiari o trust “informali” con sospetto, specialmente se non registrate o poco trasparenti. In molti paesi anglosassoni esistono registri pubblici obbligatori per trust, fondazioni e società, e potresti dover spiegare scopi, beneficiari e modalità di controllo con maggiore dettaglio rispetto alla prassi italiana.
Le informazioni fornite durante una due diligence estera possono essere condivise con l’Agenzia delle Entrate attraverso accordi di scambio automatico (come CRS o FATCA). È essenziale assicurarsi che la propria posizione fiscale sia regolare in Italia e che non vi siano incongruenze tra quanto dichiarato all’estero e quanto comunicato in Italia, per evitare accertamenti o sanzioni fiscali.
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